LEI Alle cinque, con il cuore in subbuglio mi trovai in Galleria. La giornata era splendida e c’erano moltissimi turisti in giro. La scusa l’avevo pronta: dovevo andare a prendere il programma del Teatro Alla Scala nell’omonima piazza, invece entrai dalla parte del Duomo. Ci fu prima quella camminata sotto i portici, potevo ancora tornare indietro, ma poi, poi svoltai e fui dentro, il brusio della gente e li vidi. Erano seduti comodamente sulle poltroncine di un bar ristorante mentre conversavano in tutta tranquillità e così, con una certa sicurezza se non sfrontatezza di chi vuole raggiungere lo scopo, mi avvicinai a loro.
La vidi arrivare spingendo il passeggino, la figlia piccola, lo devo riconoscere, quella donna era affascinante e aveva un fisico da ragazzina, un magnifico paio di gambe; le feci segno con la mano, era pura cortesia, la sua collega era seduta vicino a me e….mi aveva appena raccontato che si era accorta dei nostri giochi un po’ fuori dal comune per i ben pensanti; aveva visto quei segni e si era informata… Ora lei era tutta presa nello spingere il passeggino su cui dormiva la figlia di un anno e mezzo. Lo dissi a Elena che era seduta con me e…. Elena la chiamò: per un momento ebbi l’impressione che non passasse di li solo per caso, e quell’impressione che mi era venuta si confermò a pieno quando iniziammo a parlare: non era li per caso, ci stava cercando. Per fortuna la piccola dormiva beatamente e così iniziammo a conversare; in un primo momento i soliti discorsi, il tempo, la scuola, il lavoro e seppi così che suo marito era spesso fuori Milano e che lei rimaneva a casa da sola nel pomeriggio, che la bambina era all’asilo… La sentivo sulle spine, sapevo che cosa voleva sapere e stava cercando di far andare il discorso sull’argomento ma non ce la faceva e ad un certo punto:
“ Professoressa, la sua collega, Elena, mi ha detto che lei è rimasta molto colpita dai lividi che le ha visto sui suoi polsi”. Poi mi rivolsi a Elena:
“ Su Elena ora mostra alla nostra ospite i segni che hai.. mostrale anche le caviglie e spiega cosa sei “
Subito dopo le mie parole Elena divenne terrea, mentre Eliana ci guardava quasi non credendo a quello che aveva sentito. Si, le avevo dato un ordine che ora doveva essere eseguito e così, dopo essersi tirata su le maniche, mostrò i polsi, i segni si vedevano ancora ma erano quasi completamente scomparsi, mentre alle caviglie si vedevano ancora bene, due anelli che sembravano quasi un tatuaggio. Eseguiva, obbediva e la nostra mammina era rimasta a bocca aperta.
LEI Non potevo crederci, una donna mi stava mostrando i segni di costrizione che aveva ai polsi e alle caviglie, ma quel signore anziano non aveva ancora finito perché rivolgendosi sempre alla sua “ amica” non so neanche se potevo usare questo termine visto come gli obbediva a bacchetta…
”Ora ti levi gli slip qui in pubblico e ti mostri alla tua collega! Su , forza, esegui…”
Era pallida in volto, era imbarazzata e mi sentivo imbarazzata anch’io per lei, in quella situazione che rasentava la follia. La gente in quel momento non esisteva, eravamo solo noi tre..e lei dopo aver respirato a fondo, si infilò le mani sotto la gonna, per fortuna era larga e con quel classico movimento flessuoso che sanno fare solo le donne, piegandosi in avanti dopo un attimo li ebbe in mano, lo guardò con aria interrogativa come implorando di non fare l’altra cosa che aveva chiesto e invece, lui le sorrise e…
” Ora mostra la figa alla signora qui di fronte così capirà che cos’è una schiava e spiegale che cosa sei….fissala bene in viso, non distogliere lo sguardo, non ti devi vergognare te lo ordina il padrone”
Quasi per farsi coraggio cercando di dare nell’occhio il meno possibile lentamente le sue mani corsero lungo la gonna che portava, non aveva infilato le calze, i lividi che mi aveva mostrato erano celati da un paio di stivali estivi. Vidi risalire la stoffa sulle sue gambe . Fu questione di un attimo e mi apparve la sua figa e lui per marcare il suo potere…
”Elena, se tieni quelle ginocchia unite la nostra ospite non riuscirà a vedere niente; allarga le gambe su, non vorrei doverti castigare”
Lei sentendo quelle parole scosse la testa, Fu questione di un lampo, allargò spudoratamente le gambe mostrandomi una figa depilata e parzialmente dischiusa..
“ E’ questo che vuoi padrone? La tua schiava esegue i tuoi ordini”
Lo disse in maniera chiara in modo che potessi sentire e lo potesse sentire anche lui. Ero annichilita, un numero del genere non me lo aspettavo, era come se una porta su un altro mondo si fosse aperta . Non potevo credere che esistessero cose del genere o fatti del genere, invece stava succedendo tutto questo sotto i miei occhi, li in mezzo alla gente, e per fortuna non si era accorto nessuno di quei gesti. Ma anche se si fossero accorti lei aveva eseguito il suo ordine senza indugio. A quel punto però lui iniziò a parlare e con un sorriso che non prometteva niente di buono…
”E lei professoressa sarebbe capace di fare una cosa simile; Elena la conosco da tanto, ma non conosco lei, ma c’è qualcosa che mi dice che è rimasta affascinata da quello che ha visto”
Lo dovevo riconoscere ero rimasta affascinata da quella coppia e stupidamente lo ammisi….e…non lo avessi mai detto perché lui prese la palla al balzo e andò al sodo, a quello che a lui interessava….
“ Le propongo un gioco allora Eliana, domani ci vedremo qui alla stessa ora. Lei verrà senza la bambina e senza intimo.”
A quella frase mi misi a ridere; cosa si credeva di essere , mi guardava , avevo sentito quello che lui mi aveva detto e ero indecisa se tirargli la teiera per il tè che mi avevano portato o a mettermi a ridere, e lui con la più grande indifferenza,
“A domani professoressa e si ricordi, figa al vento e la bambina in asilo.”
Un tuffo al cuore, lui mi aveva dato un ordine bello e buono senza fiatare; io credevo fosse uno scherzo, invece lui parlava seriamente, perché dopo quella frase si alzò guardando l’orologio e con una scusa ci lasciò da sole. Ero annichilita, lo spettacolino di Elena e quello che aveva chiesto a me avevano dell’assurdo! Non poteva essere, un estraneo, una persona che non conoscevo, mi aveva dato un ordine imperativo. Rimanemmo impacciate a guardarci, non sapevo cosa dire e nello stesso tempo volevo sapere da lei cosa sarebbe poi successo, la “fase successiva”, volevo sapere tutto e continuai rivolgendomi a lei…
“Quel vecchio è pazzo se pensa che domani ritorno qui da sola e come mi ha detto poi…..”
Lo dissi a metà tra il nervoso e l’arrabbiato e a quel punto Elena si mise a ridere.
“Tu non lo conosci, domani tu devi essere qua, devi venire come ha detto lui, devi farlo se ci tieni alla tua famiglia. Se si è sbilanciato in quel modo significa che ha in mano cose che potrebbero rovinarti. Quindi fatti un favore Eliana, fa come dice e credimi, mi vorrei godere la scena, ma domani non posso esserci”.
Con quelle parole, se ne andò lasciandomi sola con una sensazione di impotenza, mentre mia figlia si era svegliata e mi aveva regalato il suo sorriso.
Con l’immaginazione volai e mi vidi immobile davanti a lui che indossava un vestito scuro, uno smoking, le scarpe nere così lucide che ci si poteva specchiare dentro. Lui mi osservava: io avevo una gonna nera che mi fasciava i fianchi e una camicetta bianca con i bottoni generosamente aperti che lasciavano intravedere anche troppo. Sentivo i suoi occhi su di me e questa volta la sua mano aveva un frustino in mano un frustino da cavallerizzo che se ben usato poteva che poteva lasciarmi segnata per giorni. Tenendolo in mano me lo passò lentamente sulla guancia, mi tremavano le gambe, poi lo passò sui miei capezzoli che si vedevano eretti sotto la camicetta…avevo i brividi. A un certo punto udì la sua voce intimare:
“Allarga le gambe puttana, vediamo come sei.”
Come ipnotizzata, mi bloccai incapace di fare qualsiasi cosa finché sentii una forte scossa data da quel cuoio che sapeva usare alla perfezione e la sua voce riprese:
“Non mi faccia aspettare professoressa, tiri su quella gonna, ha gambe splendide, tutti devono saperlo non crede?”
Tremando mi vidi tirare su quella gonna, stretta, un tubino che mi fasciava i fianchi e metteva in risalto il mio sedere di cui sono sempre andata fiera, poi improvvisamente le parole che mi gelarono il sangue…
”Ora, cara la mia professoressa, lei si toglierà quella gonna, si esibirà per tutti e non più solo per suo marito: arriveranno delle persone e lei li servirà vestita solo di scarpe e autoreggenti, il resto esigo sia sempre totalmente in vista, esposto, tutti la devono ammirare e lei diventerà l’oggetto che, se vogliono, tutti possono adoperare…”
Quelle parole nella mia mente e fu a quel punto che mi risvegliai a un colpo di clacson. Ero ferma al semaforo vicino a casa. Mi ero lasciata andare…quei pensieri, quella follia si erano fatti strada nella mia mente; non potevo ammetterlo, non volevo, ma, sì, era un mio sogno fin da quando ero adolescente: ricevere ordini, essere costretta a fare quello che mai nella vita avrei fatto, ……ma mai, mai prima d’ora ne avevo avuto il coraggio. Tutto era rimasto sepolto nel mio subconscio fino a quelle parole, le parole di lui. Era un ordine.
CONTINUA