Tutto è iniziato…? Quando? Si, molto probabilmente andando indietro nel tempo è iniziato tutto con un mio viaggio fatto a Chioggia. O quando mi disse il suo nome presentandosi: “Mi chiamo Andrea” era un nome austriaco, loro usano quel nome anche al femminile. Ma quello era stato l’inizio dell’inizio, quando ci eravamo conosciuti. Ora eravamo una coppia tranquilla. Lei impegnata con le sue lezioni a scuola e io con il mio lavoro. Dunque avevamo deciso di andare alcuni giorni in villa. La casa era in Viale Mediterraneo a Sottomarina dove proseguendo lungo la stessa strada si arrivava direttamente sulla spiaggia per l’esattezza allo stabilimento balneare chiamato “Granso stanco” e li lo dovevo riconoscere eravamo di casa. Si era a giugno e sfruttavamo un ponte che lei aveva con la scuola così avevamo deciso di passare li qualche giorno. L’ordine era perentorio, in casa solo colazione, per il resto andavamo a pranzo e a cena fuori. Alla mia lei piaceva cucinare è vero, ma un po’ di tregua nella lotta con le pentole come la chiamavo io ci voleva. La lavastoviglie della casa avrebbe funzionato solo per i piatti e le tazze della colazione. Ricordo quando eravamo partiti dopo aver caricato due borsoni in macchina e il suo zaino che conteneva i verbali di consiglio di classe che doveva rivedere e dei compiti in classe da correggere. La partenza per me fu un dramma soprattutto per le mie coronarie: è vero, andavamo al mare e Andrea si presento con un vestito leggerissimo color panna che le stava d’incanto. Modellava la sua bella figura e si fermava abbondantemente una ventina di centimetri sopra le ginocchia. Le spalle le aveva coperte da una giacca cortissima che neanche riusciva a chiudere. Mi guardò con quei suoi occhi chiari quasi da ingenua…Ingenua per modo di dire perché quando Andrea decideva di farmi ammattire in fatto di sesso era una maestra. Ridendo la chiamavo la mia Venexiana e lo dovevo riconoscere ne aveva tutta la grazia e anche la spigolosità. Dimenticavo una cosa importante, la giornata era splendida e lei si presentò con un panama candido che contrastava alla perfezione con i suoi capelli biondi che per vezzo li portava fino alle spalle. La guardai interdetto e visto che sono parco di complimenti: “Come mai niente scarpe con i tacchi?” Sorridesti e la tua risposta fu impeccabile: “Oggi niente tacchi, mi sento una ragazzina, le scarpe con il tacco alto sono nel borsone, oggi scarpe basse modello ballerine alla francese. Vedi l’ultimo acquisto che ho fatto, sono rosa della Hogan e devo dire che mi stanno bene.” Così dicendo allungasti la gamba rimanendo in equilibrio sull’altra che me le mostrasti naturalmente scoprendoti abbondantemente e facendomi così aumentare la circolazione del sangue causa i battiti del mio cuore che aumentarono sotto l’effetto di quella visione. Si, eri da guardare non potevo dire di no e dire la verità ti guardavano anche gli altri. Avevamo una bella differenza di età e quando ci eravamo messi assieme le corna le avevo messe in conto. Lei era e rimane una bella donna dai sani appetiti e i giovani leoni non si contavano. A quel punto ti avvicinasti a me allungando la mano e il tuo bisbiglio fu tutto un programma. “Pensa mio bell’uomo due ore di strada per arrivare, tu guidi e io ti posso mettere le mani addosso, vedrai quanto ci divertiremo” Sorrisi e mi venne in mente Antonio e Cleopatra di Shakespeare: “Date mille lingue a una notizia gradita che le disgrazie si annunciano da se nel momento in cui colpiscono” Così dicendo piegandoti per salire in auto quel delizioso vestitino leggero che indossavi aderì come una seconda pelle ai tuoi fianchi facendo capire che portavi solamente un minuscolo perizoma. Mi mancarono le gambe e come augurio di partenza la tua frase non era stata niente male. Poi considerando quattro giorni con il telefono staccato con noi due soli sicuramente avrei sacrificato a imene. Ero contento, ma era lei che alle volte non mi convinceva, mi avevano colpito delle telefonate che avevamo ricevuto, dall’altra parte del filo non rispondeva nessuno, un paio di squilli e poi basta e tutte le volte capitava che fosse lei al telefono. Così un giorno osservandola tra me e me: “Vuoi vedere che abbiamo uno spasimante” La cosa l’avevo messa in conto come ho detto in precedenza e osservai il mio amore sotto altri occhi, forse tutti i mali non venivano per nuocere e avrei avuto lo spunto per un libro. Questi erano i dubbi che mi perseguitavano ma se erano veri, avrei osservato l’evolversi degli eventi. La potevo capire io ero sempre impegnato e tutto sommato se la cosa era vera me la ero andata a cercare.
Così a quel punto salì in macchina, il mio uomo dopo quel piccolo defilè per mostrargli come stavo mi guardava affascinato. Sotto il vestito avevo un perizoma minuscolo e le aderenze sui fianchi mettevano in risalto il mio mandolino. Quando in casa avevo finito la doccia ero andata in camera dove mi ero guardata allo specchio come solo una donna sa guardarsi cercando eventuali difetti sul mio corpo. Non ero molto alta, avevo una splendida figura e la palestra aveva fatto un ottimo lavoro. Quel giusto per arrotondare le parti che mi interessavano senza far uscire i muscoli. Avevo una bella quarta che non stonava con il resto del mio corpo. Mi massaggiai con dell’olio fino a quando non fu completamente assorbito. Sorrisi pensando alle mie amiche che si lamentavano per la cellulite, la mia pelle era tonica. Perfetta. Ero proprio contenta di me. Dunque nel massaggiarmi a lungo indugiai molto sui miei seni, fino al punto di avere qualche brivido. Brividi di voglia, e passandomi con il palmo delle mani i miei capezzoli apprezzarono molto quel tocco leggero indurendosi. Chiusi gli occhi per un momento, poi le mie mani scesero, quella carezza passò sul mio ventre ed infine andò a sfiorare le mie grandi labbra. Barcollai leggermente mi dovetti sedere sulla poltroncina della camera. Le mie gambe tremavano e la mia figura finì per essere riflessa allo specchio in una posa molto osè. Ero a cosce larghe mentre le mie mani ormai come attirate da una forza atavica massaggiavano il mio fiore che ormai non era più lucido per l’olio che mi ero data ma per il nettare di piacere che ne sgorgava. Fu un momento di nirvana ero come sospesa nel tempo mi stavo lasciando andare a tutte quelle sensazioni che si stavano impadronendo di me. Rividi il mio uomo, rividi le sue mani che mi accarezzavano e le sue labbra che scivolavano sul mio corpo facendomi fremere e….Si, vidi anche un’altra persona: quel mio collega di lavoro che mi faceva una corte sfacciata corte che mi lasciava lusingata. Mi aveva telefonato più volte e in un’altra situazione avevamo fatto aperitivo assieme. Non sapevo se mandarlo in quel paese o accettare quel suo strano corteggiamento. Ma quel sentirmi nuovamente apprezzata mi piaceva eccome se mi piaceva. Ricordavo al tavolo di quel caffè quando lui allungò la mano per accarezzare per un momento la mia. Una mano calda, dalle unghie ben curate e anche se non lo dissi pensai subito all’effetto che dovevano fare quei polpastrelli su un corpo di donna. Cosa mi stava succedendo? Ero persa e alla fine mi lasciai andare. Il nirvana quella sensazione di sospensione non mi bastava più, ora volevo il piacere, piacere puro dato dall’orgasmo. Fu un attimo mi artigliai il ventre e le mie dita entrarono tra le mie grandi labbra andando a pizzicare il mio bottoncino. Avrei voluto avere un cazzo a mia disposizione. Si, ora in quel momento avrei fatto carte false per avere un cazzo maschile che si facesse strada dentro di me. Rividi nella mia mente il mio uomo, rividi anche l’altro che giocavano con il mio corpo dandomi sensazioni che si ingigantivano sempre di più fino ad esplodere in un orgasmo pirotecnico. Gemetti, un gemito lungo da lupa in calore quasi un guaito. Il mio ventre pulsava eccome se pulsva, quella lava che partiva da li si andava ad irradiare nel mio corpo con una lentezza esasperante, mi soffocava, non riuscivo neanche a respirare. Non so quando tempo passo da quelle prime avvisaglie di piacere date dal massaggio approfondito che mi ero fatta al piacere vero e proprio dato dall’orgasmo. Chiusi gli occhi, ero immobile con la bocca aperta quando lentamente ritornai in me. Mi alzai con fatica, dovevo ancora calmarmi. Sapevo che il mio lui da un momento all’altro sarebbe rientrato in casa a chiedere che cosa stesse succedendo. Mentre io finivo la doccia lui aveva portato i due borsoni da viaggio in macchina e so che ora mi stava aspettando, anche se lo sapeva che io per i preparativi di partenza mi dilungavo sempre. Avevo avuto un orgasmo, ma la voglia mi era rimasta così decisi di mettermi un vestito leggero color panna con le mezze maniche con una scollatura non indifferente che mostrava ben bene il mio decoltè. Non volevo il reggiseno, bastava un cortissimo giacchino per il viaggio. Come resto dell’intimo solo un minuscolo perizoma che modellava il mio monte di venere alla perfezione. Mi sembrava quasi di non portare altro. Poi il mio panama bianco e una borsa da portare a tracolla, rimasi pensierosa per le scarpe, i sandali con il tacco alto li avevo già infilati nella valigia assieme ad un altro paio di scarpe, per quel vestito volevo essere sportiva e un paio di Hogan di colore rosa acquistate il giorno prima andavano benissimo. Quando scesi lui era già in macchina e mi osservò mentre chiudevo la porta di casa. Lo riconosco ero da guardare e con malizia mi mostrai a lui. La voglia mi era rimasta e avevo deciso di divertirmi in auto con lui. Continua